Operazioni fantastiche con le fiabe (in stile Rodari)

Per restare in tema Rodari ne approfitto per postare un percorso che avevo preparato tempo fa sulla narrazione e scrittura di storie. Non è ancora stato testato da me in prima persona, ma Rodari è sempre una garanzia, per cui state tranquilli!


OPERAZIONI FANTASTICHE CON LE FIABE
PREMESSA: «TRATTIAMO» LE FIABE
Il percorso prende le mosse da un testo fondamentale, la Grammatica della fantasia di Gianni Rodari, un volumetto del 1973 ricco di spunti che purtroppo, a distanza di quasi quarant’anni, non sono stati colti se non da pochi insegnanti che potremmo definire innovatori.
Spesso il lavoro sulle fiabe si limita alla lettura di testi, cui segue l’analisi puntuale delle sue caratteristiche (e quindi una semplificazione delle funzioni di Propp) e in alcuni casi la richiesta di stesura di una o più fiabe che ricalchino il modello dato. Mi pare una proposta alquanto limitativa, ma soprattutto penso che così facendo si perdano per strada tutte le possibilità che le fiabe ci offrono in qualità di materiale su cui lavorare di fantasia.
Per i bambini la fiaba, grazie alla sua atemporalità, permette di esorcizzare paure, acquisire insegnamenti morali, placare inquietudini (si veda a questo proposito Bettelheim B., Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Feltrinelli, Milano 1977), ma ritengo che bambini di classe III o IV primaria possano anche andare oltre, utilizzando la fiaba come materia prima da cui partire per scrivere altre storie. Rodari ritiene, infatti, che per i bambini sia difficile, se non impossibile, scrivere a partire dalla pagina bianca e per questo propone il binomio fantastico; ma anche testi già esistenti possono essere la base per nuove storie.
Questo significa che noi siamo in grado di «trattare» le fiabe classiche in una intera serie di giochi fantastici (Rodari G., Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Edizioni EL, Trieste 1997, p. 61).

PROGETTARE IL PERCORSO: SCELTE METODOLOGICHE
Dare un titolo al percorso non è compito dell’insegnante, suo compito sarà, invece, in una fase di ricostruzione del percorso attuato, trarre dalle conversazioni dei bambini, dai loro elaborati, una frase che possa riassumere in maniera completa i cambiamenti che la classe ha fatto propri grazie al progetto proposto.
Si ipotizzano come destinatari del percorso i bambini di una classe III di scuola primaria, tenendo conto che uno dei traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria è: produce testi (di invenzione, per lo studio, per comunicare) legati alle diverse occasioni di scrittura che la scuola offre, rielabora testi manipolandoli, parafrasandoli, completandoli, trasformandoli (parafrasi e riscrittura) (Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni Nazionali per il Curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, Roma, settembre 2007, p. 52).
E noi le fiabe, grazie a Rodari, le manipoleremo, completeremo, trasformeremo.
I materiali necessari alla messa in atto del percorso sono i testi di fiabe classiche e quindi i fratelli Grimm, Charles Perrault e Italo Calvino per quanto riguarda le fiabe trascritte dalla tradizione popolare, Hans Christian Andersen e Carlo Collodi per le fiabe inventate, ma non si escludono altri autori; inoltre non ritengo importante ai fini di questo percorso porsi il problema della distinzione tra fiaba raccolta dalla tradizione e fiaba inventata.

I tempi da dedicare al percorso sono difficili da stabilire: sappiamo bene che molte attività possono rubare più tempo del previsto, oppure che durante il percorso può capitare che si debba fare una deviazione imprevista. Indicativamente si ipotizza un’ora a settimana per circa due/tre mesi.

Gli obiettivi del percorso potrebbero essere i seguenti:
- scoprire le caratteristiche comuni alle fiabe grazie alla lettura e alla manipolazione dei testi (e non attraverso la semplice presentazione delle funzioni di Propp)
- coltivare la creatività in più le direzioni
- sviluppare il pensiero divergente
perché:

"la mente è una sola. La sua creatività va coltivata in tutte le direzioni. Le fiabe (ascoltate o inventate) non sono «tutto» quel che serve al bambino. Il libero uso di tutte le possibilità della lingua non rappresenta che una delle direzioni in cui egli può espandersi. (…) L’immaginazione del bambino, stimolata a inventare parole, applicherà i suoi strumenti su tutti i tratti dell’esperienza che sfideranno il suo intervento creativo. Le fiabe servono (…) alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: insomma, all’uomo intero, e non solo al fantasticatore. (…) Servono all’uomo completo. Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà - fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà - vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano utilizzare la loro immaginazione" (Rodari G., op. cit., pp. 178-179).

Mi pare che questo passo possa esplicitare nel migliore dei modi l’insegnamento di Rodari, che dobbiamo fare nostro:
"educare alla creatività per formare persone in grado di farsi sempre domande e proporre soluzioni alternative. L’essere umano (…) non tende naturalmente a ricercare stimoli, comportamenti e soluzioni differenti da quelli già soddisfacentemente sperimentati e collaudati. Si determina così il fenomeno per il quale l’individuo tende a risolvere problemi o a progettare qualcosa secondo una schema conosciuto, considerato non solo rassicurante, ma giusto o addirittura il solo, il vero, l’assoluto" (Dallari M., In una notte di luna vuota. Educare pensieri metaforici, laterali, impertinenti, Erickson, Trento 2008, p. 79.).

La fiaba non risolve certo da sola questo grande compito educativo, ma ne è un buon punto di partenza, è uno stimolo utile e vicino all’esperienza del bambino. Ecco allora che la fiaba può essere strumento valido per coltivare la creatività seguendo i suggerimenti di Rodari e per sviluppare quel pensiero divergente così dimenticato nella scuola di tutti i tempi. A questo scopo, cosa ci viene in aiuto meglio di manipolazione, straniamento, prosecuzione di fiabe e molto altro?
Le metodologie didattiche da praticare ai fini del percorso potrebbero essere:
- lettura ad alta voce da parte dell’insegnante e dei bambini, perché "conferisce alla lettura una valenza affettiva forte e indelebile che contribuisce in modo determinante a creare un ambiente favorevole al piacere di leggere" (Valentino Merletti R., Leggere ad alta voce, Mondadori, Milano 2006, p. 13);
- brainstorming per mettere insieme le idee e le associazioni;
- discussione per avviare le attività, per indagare i pensieri dei bambini, per aiutare la fantasia con le idee degli altri, per commentare insieme i testi, per fare ipotesi;
- lavoro di gruppo per condividere il carico cognitivo del lavoro, perché insieme le idee si moltiplicano.

IPOTESI DI ATTIVITÀ: METTERE LE MANI IN PASTA
L’ordine di proposta delle attività non è vincolante, si è però cercato di seguire un criterio di manipolazione crescente, da poche modifiche del testo a stravolgimenti veri e propri.
Ogni attività prevede la lettura ad alta voce da parte dell’insegnante di una fiaba che sarà materiale su cui lavorare. Il lavoro successivo prevede momenti di scrittura, inizialmente in grande gruppo (per fare degli esempi, per dare avvio ai lavori), poi in piccoli gruppi e, in alcune circostanze verso la fine del percorso, anche individuali.
In una prima fase sarebbe interessante una proposta di Rodari che in qualche modo si presenta come esperienza di rottura: sbagliare le storie.
"Ma bisogna giocarlo al momento giusto. I bambini in quanto a storie, sono abbastanza a lungo conservatori" (Rodari G., op. cit., p. 62).

Ritengo che sia un buon inizio per far capire che le fiabe possono essere stravolte, possiamo distaccarcene e farle nostre. Tra l’altro penso che in classe III i bambini siano pronti a separarsi dalla vecchia e conosciuta fiaba per farla rivivere, rinnovando l’interesse.
In un secondo momento, un’attività che ai bambini viene spontanea e che non richiede grande sforzo è il «cosa accadde dopo», che prevede la formulazione di ipotesi fantastiche e la successiva stesura di una prosecuzione, magari in piccolo gruppo.
Una terza fase, ancora non troppo invasiva, potrebbe prevedere l’inserimento in una fiaba di un elemento estraneo (Rodari, a questo proposito parla di cinque parole inerenti alla fiaba e una no, ma si possono fare delle varianti), una specie di binomio fantastico in cui da una parte sta la storia nota e dall’altra una parola semanticamente distante da quel contesto. In questa fase di straniamento, si può anche proporre di inventare una fiaba a rovescio, proposta utile per modificare il proprio punto di vista.
Quelle che Rodari chiama «fiabe in chiave obbligata», ci portano a riscrivere completamente una fiaba, magari ambientandola in un’epoca diversa, pur rimanendo legati al testo grazie alla caratterizzazione dei personaggi, che rimangono in un certo senso sempre simili a se stessi.
Infine, ma sempre legata alla caratterizzazione dei personaggi che rimane stabile, la proposta «insalata di fiabe»: un’operazione più complessa perché, a partire da personaggi noti, ci porta a creare una storia nuova.
Si tratta di esperienze diverse tra loro ma che complessivamente potrebbero soddisfare gli obiettivi che il percorso si pone.

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